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3 film horror che vi consiglio mortalmente

In questo articolo analizzo, senza troppi spoiler, 3 film horror che mi sono piaciuti particolarmente e che mi hanno insegnato qualcosa sulla scrittura e sull’arte della narrazione.

Forse è importante per te sapere che sto scrivendo questo articolo mentre sto aspettando una telefonata dalla mia commercialista… quindi ho pensato: perché non scrivere un articolo sui miei film horror preferiti? Così tanto per restare in tema, visto il terrore che mi pervade!

1. It follows (2014) di David Robert Mitchell

Quando penso ad un film horror, io penso ad It follows.
Sì sono un fan di It follows.

Il film narra la storia di Joy, una diciannovenne, che è perseguitata da una presenza soprannaturale che ha contratto dopo un rapporto sessuale. Per liberarsi di questa spaventosa presenza che vuole ucciderla, Jay dovrebbe avere un rapporto con un’altra persona… oppure fuggire in eterno.

Gli eventi che si vivono all’interno delle scene sono una metafora del senso di colpa per la perdita dell’innocenza (di Jay), dell’infinita e impossibile fuga dal pensiero della morte (di tutt*) e un richiamo diretto all’incubo dell’AIDS (di una generazione).

La sceneggiatura è pulita, precisa, evocativa, essenziale. Per chiunque si occupi di scrittura è una fonte d’ispirazione incredibile! (Leggila, la trovi facilmente online)

In questo film trovo sviluppato in modo magistrale uno dei principi fondamentali della narrazione, che tradurrei così: le storie significano sempre qualcos’altro. Anzi, renderei questo principio ancora più estremo, nelle storie le parole, i dialoghi, le azioni, le situazioni, …funzionano quando significano qualcos’altro.

Il personaggio chiede: “Ci beviamo un caffè?”, ma in realtà vuole dire: “Ho bisogno di parlare”. Ogni elemento è una metafora o ha una funzione simbolica.

Il personaggio fugge da un mostro che lo perseguita, ma in realtà sta scappando dalla paura della morte e dal senso di colpa che porta il piacere. Un po’ freudiano… ma ci siamo capiti, vero?

2. Get Out (2017) di Jordan Peele

Un tema sociale come la discriminazione razziale diviene il motore di questo film premiato come miglior sceneggiatura agli Oscar.

L’azione s’incentra sul personaggio di Chris, un fotografo nero, che decide di passare il weekend in una casa di campagna per conoscere di genitori della sua fidanzata bianca, Rose.

Sì, è una questione di pelle.
(A proposito, leggi questo articolo del blog Parlare Civile sulle parole da usare quando si parla del colore della pelle!)

Nella costruzione dei personaggi di Get Out si nota come tutti i personaggi che ricoprono un potere o un’autorità (il poliziotto, la madre, il padre, i facoltosi amici della famiglia, …) sono bianchi. Mentre tutti i personaggi che ricoprono un ruolo sociale di sottomissione o fragilità (l’ospite, l’amico burlone, la governante, il giardiniere, …) sono neri.

Noi vediamo il mondo attraverso gli occhi di Chris per il quale la discriminazione e la segregazione sono segnali evidenti e vivi nella società americana.

L’incubo sociale di Chris si trasforma in paura quando il protagonista capisce di trovarsi all’interno di una sofisticata trappola (non vi dico oltre, guardatelo!).

In questa sceneggiatura (com in Us sempre di Jordan Peele) si può notare come l’indicazione del colore della pelle dei personaggi diviene un elemento da segnalare, in quanto ha una rilevanza drammatica.

Cosa significa che “ha una rilevanza drammatica”? Significa che porta con sé delle conseguenze nelle relazioni (di potere e di pericolo) all’interno della narrazione (Peele forse direbbe: “Purtroppo come nella realtà!”).

E questo mi porta ad un altro principio fondamentale della sceneggiatura (o scrittura drammatica in generale): si indica solo ciò che ha un significato drammatico. Si indica solo ciò che porta a delle conseguenze nella narrazione.

Vi faccio un esempio, pensate a come cambia la narrazione se la descrivo in questo modo:

  1. nel 1955, in America, una donna vestita di verde prende posto sull’autobus
  2. nel 1955, in America, una donna nera prende posto su un autobus nella zona riservata ai bianchi
  3. nel 2022, in America, una donna nera prende posto sull’autobus, indossa una maglia con sopra disegnato un coniglio blu

Nella 1ª e nella 3ª frase non capiamo il senso dell’azione e delle indicazioni, perché non percepiamo delle possibili conseguenze, e gli elementi che noi forniamo sono del tutto aleatori e privi di connessione drammatica tra loro. Leggiamo queste due frasi, ma restiamo in attesa di qualcosa. Perché l’autore mi dice questo? Che c’entra il conigli blu? Perché ci viene indicato il colore della pelle?

Nella 2ª frase capiamo che la combinazione di verbo (prende post) etnia, epoca (anni ’50), luogo (Nord America) e dettaglio (nella zona riservata ai bianchi) possono essere portatori di conseguenze… (conosci la storia di Rosa Parks?)

Quindi ritornando a Get Out, viene indicato il colore della pelle dei personaggi perché ha senso nella storia. In altri film come Alien, Lo Squalo, Split, Space Jam o Ghostbusters… tale indicazione non ha alcun senso.

3 The Witch (2015) di Robert Eggers

Il film è ambientato nel 1630 in Nord America (New England) ed ha tra i protagonisti William, un predicatore puritano, che viene allontanato assieme alla sua devota famiglia dalla piccola comunità in cui vivevano.

Il patriarca assieme alla moglie e ai 5 figli, cercano di sopravvivere con umiltà seguendo la parola di Dio. La loro fatiscente casa di legno si trova in una radura circondata da un fitto ed infinito bosco. La famiglia cerca di accettare gli stenti e le dure prove della vita come un segno di un Dio onnipotente e privo di compassione che mette costantemente alla prova la loro fede.

Un giorno, la figlia Thomasin, (un po’ più ragazza che bambina come in una famosa canzone di Toto Cutugno) gioca ai limiti del bosco con il piccolo Samuel (non ancora battezzato). Ok, non continuo perché già s’intuisce che qualcosa accadrà. D’altronde la combinazione puritanesimo + bosco misterioso + bimbo non battezzato + vergine… è piuttosto esplosiva.

In questo film è presente questa continua lotta tra sacro e profano, tra umano e soprannaturale, tra desiderio e castità, tra fragilità dell’essere umano e immensità della natura.

L’intera opera rafforza un’idea che spesso ricorre nei miei ragionamenti sulla scrittura ovvero che è il contesto a generare la storia quasi più dei personaggi. La mentalità del puritanesimo (la visione della vita come espiazione di una colpa originale e della natura delle pulsioni umane come voce del Diavolo) in una ambientazione disperata e solitaria (il bosco, che per i coloni del 1630 era il limite del mondo conosciuto oltre il quale ci si addentrava in un mondo misterioso dominato da forse selva-gge) porta con sé delle conseguenze, delle atmosfere, delle tensioni, dei conflitti e delle chiare aspettative sul pubblico.

Arriviamo all’insegnamento che possiamo trarre da quest’opera (e da mille altre): in queste opere il pubblico sa già dai primi fotogrammi come posizionarsi rispetto alla storia. Intuisce che emozioni potrebbe provare e che situazioni potrebbero vivere i personaggi.

Non ci credete? Guardate i primi 5 minuti di The Witch, It follows, Get out, …e capirete che non ci sono dubbi su quello che vi aspetta dalla visione!

Quando le regole del gioco sono chiare per il pubblico tutto diventa (non più facile) ma più divertente. Il principio è: posizionate il vostro pubblico usando il contesto e l’ambientazione per poter far iniziare la storia da un terreno comune. Sfruttate l’energia che accomuna l’opera e il pubblico, trasformatela e fatela evolvere.

E se avete un momento pensate al peso che ha il contesto e all’ambientazione in Shining, The Lighthouse, Madre!, …o negli istanti precedente alla telefonata della vostra commercialista. Ahi che ansia!!!

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