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Ho scritto una sceneggiatura, e adesso? | #3 | Marx aiutaci tu

In questi articoli affronto finalmente una domanda che si ripresenta ciclicamente alla fine dei corsi di sceneggiatura o dei percorsi di tutoring / writing coach: “Ho scritto una sceneggiatura, e adesso?” A partire da questa domanda propongo delle riflessioni che spero siano utili, per gli sceneggiatori e le sceneggiatrici che vorrebbero vedere concretizzati i loro lavori e che vorrebbero intraprendere una carriera nel mondo della sceneggiatura.

Nell’articolo precedente abbiamo visto come il ragionamento logico “ho scritto una sceneggiatura valida” quindi “la mia sceneggiatura verrà sicuramente prodotta” non regge all’interno del tessuto produttivo italiano per una questione legata alla mancanza di intermediari e di riconoscimento delle diverse competenze.

Ma c’è un altro motivo per il quale questo ragionamento logico non regge… un motivo di origine marxista.
Il mio ragionamento sarà forse un po’ labirintico, ma vi prego di seguirmi. Spero ne valga la pena.

Marx nel Capitale espone la sua teoria della “Struttura e Sovrastruttura”, pilastro dell’idealismo storico.

Niente panico è più facile di quello che sembra inoltre quello di “Struttura e Sovrastruttura” è un concetto fondamentale per la vostra professione. Fidatevi.

Marx sostiene (a ragione) che il modo in cui ci si procura da vivere (struttura) determina i vari aspetti della nostra società (sovrastruttura).

Ad esempio: se per procurarci da vivere dobbiamo svolgere delle mansioni molto tecniche per le quale serve una mente acuta e allenata (struttura) allora la nostra società sarà ricca di opportunità per le persone dotate di acume e sarà sempre pronta a premiare e celebrare l’intelligenza e il merito (sovrastruttura).

Capite dove voglio arrivare?

Chiediamoci: come ci si guadagna da vivere nell’industria cinematografica italiana? Da dove provengono i capitali che permettono ai lavoratori e alle lavoratrici di ottenere un giusto (si spera) stipendio?

Pensiamo al mercato nel quale ci troviamo. Si tratta di un mercato nel quale si investono dei capitali scommettendo su idee potenzialmente redditizie e poi attraverso gli incassi al botteghino vengono re-distribuiti i guadagni o si assumono le perdite?

Se siete del settore in questo momento vi starete facendo delle grasse risate. O vi starete disperando.

Perché? In quanto il mercato audiovisivo nella maggior parte dei casi non funziona così, anzi funziona proprio al contrario.

Ovvero: solitamente prima arrivano i fondi (i soldi, il guadagno) poi si procede alla produzione del film e infine il prodotto viene distribuito. Una volta completata l’opera questa viene distribuita nelle sale (o sulle piattaforme) e, se va bene, potrebbe avere un riconoscimento di pubblico… ma questo riconoscimento non è indispensabile.

Questa trasformazione del processo produttivo dell’industria cinematografica da “investimento di capitali – produzione – guadagno” in “ottenimento di una serie di finanziamenti / fondi – produzione – distribuzione” ha delle implicazioni importantissime, anche in ambito creativo.

Prima di tutto: il processo produttivo non parte dalla scommessa su un’idea, ma dall’ottenimento di una serie di fondi che potrebbero finanziare le varie fasi della produzione di un’opera cinematografica.

Cosa comporta questo? Innanzitutto che sono le regole stabilite dal fondo / bando a determinare la forma dell’idea e non è l’idea che indica le vie per ottenere dei finanziamenti. O come direbbe Marx: sono le regole di ottenimento del fondo (struttura) che determinano quale idea è valida e quale no (sovrastruttura).

Quindi presentarsi ad una casa di produzione con una sceneggiatura geniale non serve a nulla se quella idea geniale non rientra nei parametri di un iter legato ad un finanziamento.

Inoltre, dato che il guadagno avviene attraverso l’accesso ad un fondo la figura chiave nell’industria dell’audiovisivo non è chi si occupa di sceneggiatura e nemmeno la regia… è chi compila i bandi, l’amministrazione. È l’amministrazione che porta i soldi nelle tasche dei lavoratori, non i reparti creativi.

È triste?
No, è vero.
Così come è vero che, dato che l’opera cinematografica è già pagata a priori grazie a una catena di fondi / bandi / finanziamenti, non c’è poi questa grande urgenza di far vedere il proprio prodotto a qualcuno. Un film potrebbe essere realizzato e non essere mai distribuito, ma essere comunque un successo a livello di produzione. Perché? Struttura e sovrastruttura, signori!

“Tu vuoi convincermi a cambiare mestiere, vero?”
“Sì, così avrò meno concorrenza.”
“Visto?”
“Ma c’è anche un altro motivo.”
“Quale?”
“Voglio disilluderti e poi darti delle certezze. Infine indicarti una via.”
“Una via verso l’alcolismo forse?”
“Anche… pensavo però a una via verso la sceneggiatura”
“Esiste una via? Io non la vedo”
“Questo perché non hai letto il prossimo articolo.”
“Sembra di stare in una cazzo di serie.”
“Touché!”

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