Carnage | minima spesa massima Reza
In questo articolo analizzo il Dio del massacro (2009) e Carnage (2011) di Yasmina Reza mettendo in luce tre particolari tecniche di scrittura presenti in queste opere caratterizzate dall’estrema economia di ambientazioni e di personaggi.
Prima di svelarvi le 3 magistrali tecniche di scrittura presenti nell’opera di Yasmina Reza, osserviamo un minuto di silenzio per il titolo di questo articolo.
Il titolo di questo articolo mi fa letteralmente spezzare dalle risate, da una parte perché è proprio scemo, dall’altra perché è proprio scemo. Ma esprime una verità. La sceneggiatura di Carnage (2011) di Yasmina Reza, adattamento del suo testo teatrale Il dio del massacro (2009), sintetizza uno dei capisaldi della scrittura drammatica: “meno è meglio”.
In drammaturgia (e in sceneggiatura) meno è meglio per un’infinità di motivi. Riporto qui i primi che mi vengono in mente: meno è meglio perché la sintesi mette in luce il carattere simbolico del dramma, meno è meglio perché meno diciamo più suggeriamo, ma anche perché la sintesi è il linguaggio delle immagini.
Avrei potuto segnalarvi tanti altri motivi, tanti e tanti di più, ma poi ho pensato, meno è meglio.
Un altro minuto di silenzio per questa deliziosa battuta.
Attenzione però. Non prendete questo il motto “meno è meglio” come un paradigma indiscutibile. La coralità, la moltitudine, la ripetizione, l’accelerazione, sono valori altrettanto importanti in questo ambito di scrittura e si basano sulla quantità. Vi conviene quindi pensare: “in sceneggiatura e in drammaturgia, spesso, meno è meglio, ma non sempre”.
Nel caso di Carnage, il meno, che viene applicato al testo si evince dall’esenzialità dell’azione: il tutto si svolge in un’unica ambientazione, in un’unica scena dove sono coinvolti solo 4 personaggi.
Se tra voi lettori c’è qualcuno che si occupa di produzione di spettacoli o di produzioni cinematografiche, starà pensando ad un altro aspetto per il quale “meno è [in molti casi] meglio”. Ovvero, se ci sono meno scene da allestire, se ci sono meno attori da dirigere, ci sono meno spese e, di conseguenza più profitti. €€€
Ma non è di soldi che vi voglio parlare. Vi voglio parlare della sfida, legata alla scrittura, che si nasconde all’interno di quest’opera per solo 4 attori e che si svolge in un unico luogo.
Se vi è capitato, anche saltuariamente, di scrivere un testo teatrale o una sceneggiatura, probabilmente vi starete chiedendo: “Come si fa a scrivere uno spettacolo della durata di 1h30 con pochi personaggi, in un’unica location, senza che per questo il pubblico chieda il suicidio assistito dopo i primi 20 minuti di noiamortale?”.
La domanda è corretta. La risposta, si trova proprio nel testo di Reza. Prima di svelare l’arcano, diamo una ripassatina alla trama.
I genitori di due famiglie decidono di incontrarsi per parlare. Il motivo? Il figlio di una di delle due famiglie, ha colpito con un bastone il figlio dell’altra, facendogli saltare un dente.
Ora è importante precisare che le due famiglie appartengono a due classi sociali diverse. Una è piccolo borghese (lui, un rappresentante; lei, una scrittrice). L’altra appartiene all’alta borghesia (lui, un avvocato; lei, un’operatrice finanziaria). Ben presto l’incontro, apparentemente cordiale, tra questi 4 genitori mette in luce la latente e feroce lotta di classe presente nella società.
Perché di questo parla Carnage: lotta di classe in puro spirito marxista.
Il testo teatrale è ambientato unicamente nel salotto della famiglia piccolo borghese. Nella versione cinematografica noterete più ambientazioni: il parco in cui è avvenuta l’aggressione, l’ascensore, l’ingresso, il salotto, il bagno e la cucina (insomma le ambientazioni sono state sapientemente moltiplicate dal regista per permettere di conferire un ritmo e delle pause alla narrazione).
Qui troviamo un’equazione importante. Più scene = Più ritmo e variazioni. Meno scene = meno ritmo e variazioni.
Se leggete il testo teatrale (compratelo! È un ordine!) vi renderete conto però che il ritmo è incalzante. Domanda che dovreste farvi: come può essere il ritmo incalzante se i personaggi sono sempre fermi nello stesso luogo, semplicemente a parlare? Almeno nella sceneggiatura la narrazione è spezzata, e si passa attraverso diverse zone della casa, ma qui cosa accade? Dove sta il trucco?
In realtà i trucchi sono 3.
Rileggete il testo (l’avete comprato? Ma lo avete comprato in una piccola libreria indipendente? Bravi!) e segnatevi qual’è l’argomento di conversazione sul quale si confrontano i personaggi. Di cosa stanno parlando? Provate ad appuntarvelo.
Mentre leggete chiedetevi anche di cosa dovrebbero discutere invece di parlare di quello di cui stanno parlando? Ovvero: che argomento stanno evitando? E poi chiedetevi: di cosa stanno parlando realmente? Qual è il significato nascosto nelle loro battute?
Arrivati a pagina 4 secondo me avete già capito quali sono le tecniche usate da Yasmina Reza, tanto da dare un ritmo incalzante alle sue scene e mantenervi incollati alla poltrona durante 90 pagine.
Ovvero: evita il conflitto, nasconde i significati e cambia l’argomento della discussione ogni 10 battute. Tutto qui. Evitare il conflitto accresce l’attesa e l’aspettativa sul conflitto, spingendoti ad andare avanti. Nascondere i significati o rendere tutto un’allusione a qualcos’altro conferisce un valore simbolico all’intera azione e tutto diventa interpretabile dallo spettatore (coinvolgendolo). Cambiare argomento della discussione ogni 10 battute crea un ritmo incalzante che non viene percepito esplicitamente dallo spettatore, ma che credetemi, ha un’ottima Reza sulle vostre scene… e la Speza è minima! Muahahaha 😀