Cosa ho visto? | Blonde di Andrew Dominik
In questo articolo vi propongo le mie personali riflessioni sul film Blonde (2022) di Andrew Dominik con Ana de Armas.
Conosco la vita di Marilyn Monroe così come conosco la stragrande maggioranza dei classici e dei miti, ovvero, anche se non ho conosco i dettagli della sua storia e anche se non ho visto gran parte dei film che ha interpretato, sento comunque di sapere tutto su di lei.
Vi sembra strano?
Edipo, Antigone, Cleopatra, Nostradamus, Maradona, i Beatles (o come vengono apostrofati in “Sliding doors” (1998) i Fetals) e tanti altri ancora fanno parte del mio immaginario personale, fanno parte di me, anche se non ho mai approfondito la loro storia, anche se non so come sono diventati ricordo dentro di me, anche se non ho mai indagato cosa c’è oltre quel mito / ricordo.
A che serve leggere “Romeo e Giulietta”? O vedere “Il grande dittatore”? Fanno già parte di noi! Come dei riflessi incondizionati, come un sapere ancestrale o l’istinto di sopravvivenza.
“6 personaggi in cerca d’autore” “Delitto e castigo” “Titanic” “Star Wars” Kennedy Anita Garibaldi Dante Rita Levi Montalcini La Cappella Sistina Starway to heaven. Sono entrati dentro di noi attraverso il liquido amniotico direttamente nella nostra coscienza fetale.
Ecco, per me Marilyn è questo. Qualcosa di innato, che non ho mai approfondito.
Il rossetto, i diamanti come migliori amici, una gonna che si alza quando la moglie è in vacanza, tanti auguri al presidente e a qualcuno piace caldo. Ma da dove arrivano queste informazioni? Boh…
So però, con certezza, che qualche sera fa ho visto Blonde (2022) il film di Andrew Dominik ispirato alla vita della mitica attrice e sento il bisogno di parlarvene.
Innanzitutto: mi è piaciuto. Mi ha fatto male, mi ha angosciato, mi ha spaventato… mi ha fatto tutto quello che vorrei un film mi facesse. Mi ha fatto a pezzi, trascinato a terra e abbandonato lì, davanti allo schermo senza sonno e senza parole.
È un film che non rivedrei, ma che sono contento di aver visto, e che consiglio.
La prima sequenza, mi ha ricordato alcuni film della DC Comics, sembrava la genesi di un super eroe, anzi di un super villain. I primi 15/20 minuti, che trattano dell’infanzia di Marilyn mi hanno ricordato la genesi di The Joker (2019) di Todd Philips. L’atmosfera era pesante, sovraccarica, come quella di una saga dei fumetti. La protagonista a causa delle angherie subite in tenera età si trasformerà in un mostro? In una carnefice? Fino a che punto una persona può venir offesa dalla vita?
Alcuni passaggi, di questa prima parte, mi hanno dato la sensazione di assistere a un film dell’orrore. Uno su tutti: il cassetto dove dormiva da bambina. Agghiacciante!!!! Non dico altro.
Nella parte centrale del film ho sentito un persistente senso di angoscia simile a quello che ho vissuto guardando un capolavoro come “A promising young woman” (2021) di Emerald Fennell. Marilyn era il feticcio in balia di un universo maschile che voleva possederla, divorarla, cannibalizzarla (esiste come parola?).
In altri momenti il modo in cui le vicende venivano riportate mi ha ricordato “Eternal sunshine in a spotless mind” (2004) di Michel Gondry, soprattutto quando sopraffatta dalle paure la protagonista inizia in una totale negazione e distorsione della realtà. Cito solamente la scena in cui lei rientra a casa ed ha questo scambio di battute con il suo consorte: “E tu chi sei?” “Sono tuo marito”. Rivedevi la scena, guardate il volto di lui… pelle d’oca!
In generale ho avuto la sensazione, durante tutta la visione, che gli spettatori, soprattutto quelli più preparati e più feticisti (esperti) della storia di Marilyn, passeranno gran parte del tempo a cercare gli elementi di veridicità, oggettività e somiglianza con la storia originale. Rovinando in questo modo la visione del film.
Ho pensato che il 99% del pubblico passerà il tempo della visione a valutare quanto Ana De Armas assomiglia o non assomiglia all’originale. Rovinando in questo modo la visione del film.
Ho capito una cosa, vedendo quest’opera, un concetto che cerco di ripetermi più volte quando mi approccio alla scrittura di una scena, ovvero che il compito di uno sceneggiatore / sceneggiatrice non è raccontare la Storia, non è quello di essere fedeli alla realtà e nemmeno quello di dire la verità.
Il compito di un autore/autrice è quello di mettere in luce la verità di un dramma e l’ambiguità del reale. Un film non può essere mai oggettivo. Una storia non è mai esaustiva. Una scena non ci può mai restituire la realtà di ciò che è accaduto. Può solamente cercare di dare una forma al dramma. Può solamente mettere in luce l’ambiguità e la complessità del reale.
In conclusione penso che è un film che scatenerà opinioni diverse e divergenti. Mi piacerebbe sapere la vostra! E soprattutto: leggete i classici, non fate come me 😀