Ho rivisto “Tre manifesti a Ebbing Missouri” di Martin McDonagh e ne è nata una riflessione sulla natura del personaggio e del dramma.
Qualche giorno fa, durante un laboratorio di scrittura dedicato alla sceneggiatura, una partecipante mi ha chiesto: “Che cos’è il personaggio?”.
Nella mia mente sono passate in rassegna diverse definizioni presenti nei manuali di scrittura drammatica sui quali mi sono formato negli anni… ma la mia risposta è stata inaspettata, anche per me, e suonava più o meno così: “Il personaggio è qualsiasi elemento della storia capace di cambiare, evolvere, mutare di significato”.
Non so da dove proveniva quel pensiero (devo aver fatto una faccia strana mentre lo dicevo…) che in quel momento si faceva manifesto.
In realtà ci sono tante cose che non so. Ad esempio non so se la risposta è corretta. Non so nemmeno se questa risposta è stata in grado di aiutare la partecipante a comprendere il valore del personaggio all’interno di una storia, però so che qualche giorno dopo ho rivisto un film che mi ha emozionato molto, “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” (2017) ed ho pensato: “Questo film conferma la mia ipotesi”.
Attenzione: il fatto che il film confermi la mia ipotesi non significa che la mia affermazione fosse vera, ma semplicemente che la mia ipotesi era rafforzata da un ulteriore indizio, MA basterebbe un indizio contrario per costringermi a riformulare la mia ipotesi (sono Popperiano nel mio approccio alla drammaturgia).
“Tre manifesti a Ebbing, Missouri” è l’esempio perfetto di opera cinematografica che si fonda sui personaggi (è difficile trovare un vero e proprio protagonista all’interno dell’opera) e sulla loro capacità di mutare.
Vi ricordate la trama? Mildred una donna di circa 50 anni fa esporre dei manifesti in una via marginale del paese in cui abita (Ebbing, Missouri) per denunciare il fatto che la polizia locale non ha ancora scoperto l’assassino di sua figlia. L’affissione dei tre manifesti sconvolge gli equilibri della cittadina.
È interessante notare come scena dopo scena i personaggi coinvolti in questa opera corale cambiano in continuazione di significato conferendo alle vicende un senso di ambiguità e di complessità:
– Mildred (Frances McDormand / l’hai vista in Fargo) è vittima, cinica, spietata, violenta, assassina
– l’agente Dixon (Sam Rockwell / Confessioni di una mente pericolosa) è razzista, violento, psicotico, protettivo, razionale e affettuoso
– l’agente pubblicitario Red Welby (Caleb Landry Jones / Get Out) è svampito, determinato, fragile, vittima, misericordioso
– lo sceriffo Willoughby (Woody Harrelson / True Detective) è simbolo del potere, fragile, malato, defunto, deus ex machina
Le evoluzioni, spesso contraddittorie ed estreme dei personaggi, mettono in luce la complessità e l’ineffabilità della natura umana.
Ritorniamo però alla risposta che avevo dato alla partecipante al corso di sceneggiatura: “Il personaggio è qualsiasi elemento della storia capace di cambiare, evolvere, mutare di significato”.
Qualsiasi elemento. Non solo personaggi intesi come persone che agiscono e mutano… ma anche elementi scenici. Pensate ai tre manifesti e come appaiono diversi, nel loro significato e nel loro aspetto, scena dopo scena. I manifesti sono inutilizzati, decadenti, in fase di allestimento, nuovi, scandalosi, avvolti dalle fiamme, risorti… ad ogni passaggio ci comunicano qualcosa di diverso. Sono anche loro dei personaggi?
Concludo questo mio ragionamento segnalandovi semplicemente le prime tre scene (tre come i manifesti). Notate come in poche pagine e in modo essenziale vengono presentati i manifesti, il dramma di Mildred e la sua missione, il disequilibrio che si crea all’interno della cittadina di Ebbing.
Non c’è nulla di troppo, il dramma è subito manifesto. Buona lettura!